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Lo smaltimento della plastica è uno tra i maggiori e più preoccupanti problemi ambientali della società odierna. Soltanto una minima parte di essa, infatti, riesce ad essere riciclata e a conoscere nuovi utilizzi e applicazioni. Non a caso, i governi europei hanno elaborato una strategia volta ad accrescere la percentuale di recupero di questo materiale. In virtù di ciò, la scoperta fatta da un gruppo di studenti dell’università di Yale, all’interno della foresta pluviale amazzonica, acquisisce un’importanza capitale.

La scoperta in questione riguarda un fungo, il Pestalotiopsis Microspora, in grado, a quanto sembra, di mangiare il poliuretano, la comune plastica usata negli apparecchi elettrici ed elettronici, nei tubi da giardino, nei sedili. Un materiale che sopravvive per intere generazioni, a basso costo e di facile produzione. Aspetti, questi ultimi, responsabili del considerevole aumento della sua richiesta da parte dei mercati.

La ricerca, avvenuta nell’ambito della “Yale’s annual Rainforest Expedition and Laboratory”, capeggiata dal professore Scott Strobel, rientra nel novero del cosiddetto biorisanamento. Uno studio incentrato su tecnologie che si avvalgono di microorganismi naturali o ricombinanti per degradare, tramite processi aerobici (in presenza di ossigeno) e anaerobici (in assenza di ossigeno), sostanze tossiche e dannose. Tali meccanismi possono essere avviati direttamente sul luogo (sfruttando i microorganismi trovati là) o mediante il ricorso a ceppi batterici o funghi inseriti in bioreattori.

Il biorisanamento, dunque, comporta la conversione dei composti nocivi in altri innocui, nella fattispecie acqua e anidride carbonica.

Nell’ambito di questo innovativo approccio, destinato a risolvere i problemi dello smaltimento dei rifiuti, le specie fungine garantiscono i migliori risultati, agendo ottimamente sia in suoli aridi che semiaridi. Ad esempio i funghi responsabili della carie bianca del legno posseggono un numero vario di enzimi, grazie ai quali sono molto più efficaci dei batteri.

Nel caso del Pestalotiopsis Microspora, le ricerche eseguite dal team di Yale hanno evidenziato proprio l’attività di enzimi chiamati “serina idrolasi”, tramite i quali avviene la decomposizione del poliuretano. Questo processo metabolico si aziona sia con l’ossigeno che senza ossigeno, un aspetto da non sottovalutare, in quanto il fondo delle discariche è esattamente un ambiente anaerobico. Tali funghi definiti endofiti sono, quindi, una fonte promettente di biodiversità da applicare nel biorisanamento.

Quando si parla di funghi endofiti, ci si riferisce a microorganismi presenti nelle piante (si possono riscontrare nel fusto, nelle radici, nei rami e nelle foglie). Essi colonizzano i tessuti dell’ospite per tutto il loro ciclo biologico o solo per una parte senza dare sintomi di malattia conclamata. In natura ne esistono circa 1,3 milioni e le oltre 300 mila specie di piante esistenti possono ospitarne da 2 a 5.

Lo studio dei ricercatori di Yale è iniziato, infatti, con il campionamento della vegetazione. Nella “Yasuni National Forest” (sita nella foresta pluviale amazzonica) sono state raccolte svariate tipologie di piante legnose. La scelta di alcune è avvenuta per i loro presupposti usi etnobotanici, quella delle altre si è svolta in maniera casuale.

Una volta in laboratorio, gli endofiti sono stati raccolti, isolati e sottoposti a osservazione e test di prova per verificare la loro capacità di decomposizione del poliuretano.  I risultati ottenuti, assolutamente straordinari, hanno dimostrato come tali funghi riescano a nutrirsi letteralmente della plastica.

La ricerca, la prima ad essere effettuata su una simile classe di microorganismi, fa ben sperare nell’apertura verso un futuro ecologico e più verde. Soprattutto gli studiosi devono puntare a trovare una soluzione definitiva ed efficace al problema dello smaltimento della plastica. Che, poi, la possibilità più concreta venga offerta dalla natura è l’ennesima dimostrazione di come il nostro pianeta cerchi costantemente di difendersi e ribellarsi dai continui scempi umani.

Fonti

Dailygreen

Co.Exist

American society for microbiology

Ambiente-online

AutoreDott.ssa Elisabetta Rossi

FONTE http://www.fotovoltaicosulweb.it/guida/pestalotiopsis-microspora-il-fungo-che-mangia-la-plastica.html#:~:text=Smaltire%20la%20plastica%20con%20i,conoscere%20nuovi%20utilizzi%20e%20applicazioni.

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